[Parafrasi e Commento] San Martino

Giosuè Carducci

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    Giosuè Carducci: San Martino

    La nebbia agli irti colli
    piovigginando sale,
    e sotto il maestrale
    urla e biancheggia il mar;
    Ma per le vie del borgo
    dal ribollir de’ tini
    va l’aspro odor de i vini
    l’anime a rallegrar.
    Gira su’ ceppi accesi
    lo spiedo scoppiettando:
    sta il cacciator fischiando
    su l’uscio a rimirar
    tra le rossastre nubi
    stormi d’uccelli neri,
    com’esuli pensieri,
    nel vespero migrar.





    PARAFRASI:
    Prima di passare ad un esame dettagliato della lirica, conviene farne la parafrasi, perché non si possono cogliere i significati connotativi se non si è compreso quello denotativo. E' pur vero che il significato più profondo si consegue dopo aver esperito tutte le analisi, ma è altrettanto corretto partire già con un'idea abbastanza precisa dei contenuti del componimento. Per questo, sarebbe opportuno, a livello didattico, ritornare, esaurita ogni analisi, a rivedere la parafrasi, a correggere, eventualmente, o a precisare l'interpretazione precedente.
    Il componimento di Carducci appare come un brano la cui comprensione è immediata e facile; ed in effetti per molti aspetti lo è; ma, come l'analisi successiva dimostrerà, ci sono alcuni elementi che non possono essere compresi a prima lettura. Per questo ritengo che prima di avviarci alla riflessione critica occorra presentare la trasposizione in prosa dei versi carducciani:
    «La nebbia, sciogliendosi in una leggera pioggerella, risale per le colline rese quasi ispide dalle piante ormai prive di fogliame e, spinto dal vento freddo di nordovest, il mare rumoreggia frangendosi sulla scogliera, con onde dalla bianca spuma. Ma per le vie del piccolo paese contadino si diffonde, dai tini dove fermenta il mosto, l’odore aspro del vino nuovo che rallegra i cuori. E intanto sulla brace del focolare scoppiettano le gocce di grasso che cadono dallo spiedo su cui cuoce la cacciagione; e il cacciatore se ne sta sull'uscio a guardare stormi di uccelli che, a contrasto con le rosse nubi del tramonto, sembrano neri, come quei pensieri che si vorrebbe mandar via lontano».



    COMMENTO:
    L’immagine di un paese distrutto dalla guerra, San Martino del Carso, è per il poeta l’equivalente delle distruzioni che sono celate nel suo cuore, causate dalla dolorosa perdita di tanti amici cari. Ancora una volta il poeta trova nelle immagini esterne una corrispondenza con quanto egli prova nei confronti dell’uomo, annullato dalla guerra. La lirica, di un’estrema essenzialità è tutta costruita su un gioco di rispondenze e di contrapposizioni sentimentali, ma anche verbali: di San Martino resta qualche brandello di muro, dei morti cari allo scrittore non resta nulla; San Martino è un paese straziato, più straziato è il cuore del poeta. Così, eliminando ogni descrizione e ogni effusione sentimentale, l’Ungaretti riesce a rendere con il minimo di parole la sua pena e quella di tutto un paese, e dà vita a una lirica tutta nuova.
     
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